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Giurisprudenza,Partecipazione personale e rappresentanza

Tribunale – Pordenone, 07/12/2020, n. 647

Intermediarte

Marzo 8, 2021

Tribunale – Pordenone, 07/12/2020, n. 647

Intestazione

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI PORDENONE

Il Giudice dr. Francesco Petrucco Toffolo ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo grado iscritta al n. 1929/18 del R.G. il 26.6.2020, promossa da – (omissis…), in persona del legale rappresentante (omissis…), con sede legale in San Donà di Piave ((omissis…)), (omissis…), C.F. (omissis…), rappresentata e difesa dall’avv. Mirko Biasi del Foro di Vicenza, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Daniela Facca in Pordenone, attrice contro – (omissis…), in persona del legale rappresentante (omissis…), con sede legale in (omissis…), via della Tecnica n. 6, C.F. (omissis…), rappresentata e difesa dagli avv.ti Gianluca Liut e Ilaria Giraldo del Foro di Pordenone, anche domiciliatari, convenuta avente per oggetto: “Altri istituti in materia di diritti reali possesso e trascrizioni”, trattenuta a sentenza all’udienza di precisazione delle conclusioni del 26.6.2020, nella quale le parti hanno formulato le seguenti CONCLUSIONI (si omettono le conclusioni delle parti) 

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con atto di citazione ritualmente notificato in data 3.7.2018, (omissis…) conveniva in giudizio (omissis…) S.r.l. al fine di ottenere l’accertamento dell’esatto confine tra i rispettivi fondi di proprietà delle parti, domandando conseguentemente la condanna di (omissis…) a demolire il muro di cinta illegittimamente costruito invadendo il fondo (omissis…) S.r.l., ed a ricostruirlo sull’esatto confine, nonchè al risarcimento del danno causato dall’illegittima occupazione.

Si è costituita la convenuta, eccependo in via processuale la nullità della citazione ex art. 164 c.p.c. e l’improcedibilità della causa per mancato esperimento della mediazione obbligatoria; nel merito la convenuta ha aderito alla domanda di regolamento dei confini sostenendo l’infondatezza di ogni pretesa attorea ed instando per la condanna di parte attrice ex art. 96 c.p.c..

La causa, istruita con l’acquisizione della documentazione offerta dalle parti e l’esperimento di c.t.u., stata trattenuta in decisione sulle conclusioni riportate in epigrafe, con assegnazione dei termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.

Le eccezioni preliminari di parte convenuta sono infondate.

Con riguardo al procedimento di mediazione, obbligatorio vertendosi in materia di diritti reali, ex dell’art. 5 cc. I e I-bis D.Lgs. n. 28/2010, infondatamente la convenuta ha invocato l’improcedibilità a suo dire conseguente al fatto che la mediazione sia stata avviata in data 18.7.2018, successivamente alla notifica (avvenuta in data 5.7.2018) dell’atto di citazione, nonchè per il fatto che all’incontro di mediazione per l’odierna attrice abbia partecipato un avvocato delegato dal legale rappresentante anzichè quest’ultimo, delegato che si limitato a comunicare la non volontà di proseguire nella mediazione.

La legge espressamente prevede che il giudice possa rilevare che la mediazione è già iniziata ma non si è conclusa ovvero che non è stata neppure tentata, in tali casi essendo consentito un rinvio dell’udienza al fine di consentire, rispettivamente, il completamento o l’avvio della mediazione. Se dunque il previo esperimento del procedimento di mediazione assurge a presupposto processuale, il legislatore ha voluto evitare una improcedibilità irrimediabile in favore di un generale meccanismo di sanatoria con effetti ex tunc che consente di preservare gli effetti della domanda giudiziale proposta senza il suo previo ottemperamento.

Nella specie, all’udienza di trattazione si comunque potuto constatare che i procedimento di mediazione era già concluso, con esito negativo.

Quanto alla partecipazione di un avvocato delegato (e delegato espressamente – doc. 4 conv. – a comunicare la volontà del legale rappresentante della società odierna attrice di non proseguire la mediazione), la Corte di Cassazione ha condivisibilmente osservato (sent. n. 8473/2019) che “nel procedimento di mediazione obbligatoria disciplinato dal D.Lgs. n. 28 del 2010, quale condizione di procedibilità per le controversie nelle materie indicate dall’art. 5, comma 1 bis, del medesimo decreto (come introdotto dal D.L. n. 69 del 2013, conv., con modif., in L. n. 98 del 2013), è necessaria la comparizione personale delle parti, assistite dal difensore, pur potendo le stesse farsi sostituire da un loro rappresentante sostanziale, dotato di apposita procura, in ipotesi coincidente con lo stesso difensore che le assiste. La condizione di procedibilità può ritenersi, inoltre, realizzata qualora una o entrambe le parti comunichino al termine del primo incontro davanti al mediatore la propria indisponibilità a procedere oltre”.

L’eccezione di nullità dell’atto di citazione parimenti infondata e dev’essere rigettata.

Come noto, affinchè sussista la nullità dell’atto di citazione per indeterminatezza dell’oggetto o per incertezza nell’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, ai sensi dell’art. 164,4. comma, c.p.c., necessario che tali elementi siano del tutto omessi, oppure risultino assolutamente incerti e comunque inadeguati a tratteggiare l’azione, in quanto l’incertezza non sia marginale o superabile, ma investa l’intero contenuto dell’atto posto che la lettura dell’art. 163 c.p.c. non può essere meramente formalistica (Cass., Sezioni Unite, n. 8077/2012). Anche indicazioni incomplete possono essere comunque idonee a rendere il convenuto edotto della pretesa azionata, dei fatti e delle ragioni poste a fondamento della stessa, così da escludere la nullità dell’atto di citazione per indeterminatezza di petitum e causa petendi, tanto più ove taluni profili siano individuabili agevolmente dal convenuto, ad esempio perchè in possesso della relativa documentazione (Cass. n. 1802/2013).

Nel caso di specie, da una lettura complessiva dell’atto di citazione si individuano in modo chiaro petitum e causa petendi, i quali possiedono un grado di determinatezza tale da mettere immediatamente il convenuto in condizione di difendersi in modo adeguato e puntuale.

Nel merito, oggetto della controversia è il posizionamento del confine di proprietà tra due lotti industriali rispettivamente di proprietà di (omissis…) (parte attrice) e (omissis…) Venezia S.r.l. (parte convenuta), lotti limitrofi – di cui solo il secondo edificato – ubicati nella zona industriale del Comune di (omissis…) a confine con la zona commerciale del Comune di Portogruaro ((omissis…)). In particolare, (omissis…) è proprietaria del fondo sito nel Comune di (omissis…), catastalmente identificato in Comune di (omissis…), Catasto Terreni, Foglio (omissis…) (v. visura catastale att, doc. 1); (omissis…). è proprietaria del fondo, confinante come si detto con quello di proprietà dell’attrice, distinto in Comune di (omissis…), Catasto Terreni, Foglio n. (omissis…).

Com’è noto, nell’azione di regolamento di confini, la quale si configura come una vindicatio incertae partis, incombe sia sull’attore che sul convenuto l’onere di allegare e fornire qualsiasi mezzo di prova idoneo all’individuazione dell’esatta linea di confine, mentre il giudice, del tutto svincolato dal principio actore non probante reus absolvitur, deve determinare il confine in relazione agli elementi che gli sembrano più attendibili ricorrendo in ultima analisi alle risultanze catastali, aventi valore sussidiario (così, da ultimo, Cass., n, n.7944/2020).

Nella specie (in cui il confine “materiale” è attualmente costituito dal contestato recente muro di cemento armato dello spessore di circa cm 30 con sovrastante rete metallica, eretto dalla convenuta) al fine di determinare il confine catastale il c.t.u. ha proceduto a rilevare strumentalmente lo stato dei luoghi ottenendo poi le sovrapposizioni riprodotte nelle tavole grafiche 1.1 – 1.2 e 1.3 della relazione, secondo le seguenti tre ipotesi:

ipotesi 1 sovrapposizione del rilievo eseguito alla mappa Wegis (Web Enable GIS);

ipotesi 2 sovrapposizione del rilievo eseguito alla mappa cartacea;

ipotesi 3 sovrapposizione del rilievo eseguito al frazionamento che ha originato la linea di confine oggetto di contenzioso.

Solo adottando la prima ipotesi il confine oggetto del contendere risulterebbe essere collocato nell’esatta posizione in cui stato edificato l’attuale muro di recinzione.

Tuttavia, come precisato dal c.t.u., la mappa Wegis deriva dall’acquisizione, in forma digitale, della cartografia su supporto cartaceo: organizzata in fogli su base comunale, è quindi ottenuta dalla mappa cartacea formato raster mediante sovrapposizione dei vari atti di aggiornamento. Nel caso specifico, il confine ivi rappresentato risulta generato dall’atto di aggiornamento n. 568 del 1998.

Dall’esame delle altre soluzioni il c.t.u. ha chiaramente evidenziato la discordanza tra le due mappe (Wegis e mappa cartacea precedente) quando le stesse dovrebbero, invece, riportare un medesimo risultato, essendo la mappa Wegis una evoluzione di quella cartacea.

Le altre due sovrapposizioni danno invece un risultato in termini di posizione del confine tra i mappali n 446 e n 447 in buona sostanza coincidente, e ciò si spiega certamente, come osservato dal c.t.u., nel senso che, sotto il profilo tecnico, la rappresentazione in mappa Wegis frutto di un errore commesso dall’ente pubblico nel passaggio tra la fase cartacea e quella digitale, come altre volte verificatosi.

Le indicazioni della “vera” linea di confine vanno dunque ricercate nelle ipotesi di sovrapposizione n. 2 (paragrafo 4.2 della c.t.u.) e n. 3 (paragrafo 4.3 della c.t.u.) ed in particolare nell’ultima che fa riferimento proprio all’atto di aggiornamento n. 568 del 1998 a firma del geom. Cornelio Bernini che ha peraltro determinato, come si osserverà oltre, la linea di confine oggetto di causa.

Assunta tale corretta indicazione, si ha che l’attuale recinzione della società (omissis…) si trova completamente sul fondo di parte attorea per una differenza di oltre 7 metri, come evidenziato in conclusione dal c.t.u. dopo aver svolto ogni utile approfondimento, esaminando il risultato ottenuto e i punti salienti della mappa individuati in contraddittorio con i c.t.p.

Non risulta fondata la pur suggestiva obiezione della convenuta secondo cui nell’atto di acquisto di (omissis…) da (omissis…)A. in liquidazione e in concordato preventivo (atto del 27.7.2017 per Notaio Pa. Pa. da Portogruaro, rep. n. 1983 e racc. n. 914: doc. 2 att.) fatto riferimento, al fine dell’individuazione della realità compravenduta, alle risultanze della mappa Wegis (nella quale la recinzione attuale corrisponde, come si è scritto, alla linea di attuale recinzione).

L’inconsapevole erroneità – per quanto sopra emerso – dell’atto nella parte in cui stato fatto riferimento all’estratto di mappa “trovandolo” (termine impiegato nel rogito, pag. 3) “rispondente alla reale consistenza e configurazione delle aree stesse”, con riferimento alla mappa Wegis che in quel momento presso i pubblici uffici rappresentava lo stato dei luoghi, non induce il dubbio che la venditrice non abbia voluto cedere l’intera sua proprietà (trattandosi dichiaratamente di vendita a corpo e non a misura) nè, in ogni caso, tale dichiarazione è comunque, con ogni evidenza, idonea a determinare uno spostamento del confine con accrescimento della proprietà in favore dell’estraneo proprietario confinante.

L’evidenza della rilevata difformità della mappa Wegis pone, in realtà ed al più, un problema di identificazione dell’immobile oggetto della vendita da Sportarredo ad Alicom, problema che si risolve nella ricerca della comune intenzione delle parti in ordine all’oggetto materiale del loro regolamento di interessi.

Orbene, la stessa convenuta (memoria di replica, pag. 3) ha osservato che “(omissis…) ha acquistato da (omissis…) nel 1997, vent’anni prima, esattamente il compendio come individuato nella mappa (cartacea) allegata al contratto, conseguendone il consolidamento, in ragione del tempo, del diritto di proprietà immobiliare di (omissis…) rispetto ai terzi.” In realtà l’acquisto del terreno a confine da parte (omissis…) risale al 1998 e venditrice non fu (omissis…)a lo furono persone fisiche proprietarie dell’area (v. doc. 10 conv.), ma ciò che rileva è che nella mappa cartacea cui fu in effetti fatto allora riferimento il confine era quello in questa sede accertato, sostanzialmente rispettato, d’altra parte, nelle pratiche edilizie presentate dalla stessa (omissis…) nel 2006 (e non più nelle pratiche edilizie del 2013-2016, che recepivano invece il confine come da mappa Wegis) Il riferimento al 1998 peraltro fondamentale in quanto risale a quell’epoca il frazionamento (n. 568 del 1998) con cui veniva soppresso l’originario mappale 355 per generare il mappale n. 446 (di proprietà oggi di (omissis…)) e il mappale 447 (oggi soppresso e confluito nel mappale n. 427 a seguito di successivi atti di aggiornamento catastale, di proprietà di Oikos S.r.l.). Il mappale n. 447 veniva successivamente

acquistato da (omissis…)con atto del 24.6.1998 (doc. 10 (omissis…)), e poi incorporato nell’attuale particella n. 427; il mappale n. 446 veniva acquistato da (omissis…). con atto del 3.2.1999 e da (omissis…) in liquidazione ed in concordato preventivo successivamente venduto ad (omissis…) nel 2017.

E’ evidente che in quest’ultima compravendita intenzione comune delle parti non potesse essere che il trasferimento della proprietà del lotto nella sua integralità (e non certo il mantenimento in capo a (omissis…) che vendeva l’area a seguito di una vendita competitiva nella procedura concorsuale minore cui aveva fatto accesso, di una piccola fascia di terreno interclusa).

Ricostruita in tal senso l’intenzione comune delle parti dell’atto di acquisto del mappale in capo ad (omissis…) nel senso che il confine inteso dalle parti era quello proprio dell’intero fondo la cui proprietà era fino a quel momento in capo (omissis…), non essendo affatto decisivo in senso contrario un’erronea indicazione riportata negli atti, che trova spiegazione nell’imperfetta trasposizione verificatasi al momento della formazione della mappa Wegis, la soluzione della controversia tra le parti si conferma affidata alla corretta individuazione della linea di confine tra i fondi, senza alcuna particolare influenza su tale soluzione dell’aporia evidenziatasi con riguardo al testo del contratto d’acquisto di (omissis…)

D’altra parte, in tema di regolamento di confini i titoli di acquisto non hanno efficacia decisiva, agli effetti probatori, in quanto l’art 950 c.c. ammette ogni mezzo di prova, e conseguentemente anche i titoli di acquisto hanno la funzione di una comune fonte di prova, in quanto la contestazione sul confine investe la individuazione dei fondi confinanti o delle loro esatte dimensioni, e non già l’acquisto dei diritti di cui i fondi sono oggetto (Cass. 4 gennaio 1969, n. 6); e certamente l’azione attorea da qualificarsi quale actio finium regundorum, ponendosi unicamente una questione di esatta individuazione del confine tra due fondi limitrofi: poichè il discrimen tra l’azione di rivendica e quella di regolamento dei confini è la ricorrenza di una situazione di incertezza sul confine tra due fondi, ma non sul diritto di proprietà degli stessi, anche se oggetto di controversia è la determinazione quantitativa delle rispettive proprietà, la seconda azione non muta natura, trasformandosi nella prima, nel caso in cui l’attore sostenga che il confine di fatto non sia quello esatto per essere stato parte del suo fondo usurpato dal vicino (così, di recente, Cass. n. 22645/2018).

Vero è che, una volta individuata la demarcazione tra i fondi, l’azione di regolamento di confini ha un intrinseco effetto recuperatorio il quale, nell’ipotesi in cui si sia verificato, come nella specie, uno sconfinamento in uno dei due fondi, comporta l’obbligo di rilascio della porzione indebitamente posseduta, indipendentemente dall’intenzionalità dell’accertata occupazione abusiva (Cass., n. 8693/2019).

In tale prospettiva, le opere necessarie al ripristino del confine come sopra individuato consistono nelle seguenti, puntualmente indicate dal c.t.u.:

– demolizione dell’attuale muro di recinzione in c.a.;

– rimozione e spostamento delle vasche dell’antincendio;

– ripristino della quota del terreno ante costruzione della recinzione.

– ricostruzione della nuova recinzione lungo il confine come sopra determinato.

Anche l’ultima opera dovuta, in quanto risulta dall’esame delle pratiche edilizie presentate nel tempo dalla convenuta che l’attuale recinzione abbia sostituito un precedente muro di cinta, più arretrato rispetto all’attuale (“nelle pratiche edilizie prese in considerazione si riscontra una diversa linea di confine indicata (omissis…) dal 2006 al 2013-2016 con spostamento della stessa nell’attuale posizione verso la proprietà dell’attore”: relazione del c.t.u., pag. 66).

La conclusione proposta in via subordinata dalla convenuta nel merito, al fine di evitare “la condanna al ripristino e ogni altra domanda di condanna ad un facere, tramite riduzione della pretesa creditoria risarcitoria azionata alla somma di Euro 22.500,00 omnia (determinata sulla base dei criteri di stima del compendio in contenzioso evincibili dalla C.T.U.)”, cui si ricollega la richiesta in via istruttoria di “stimare il valore dell’area oggetto del contenzioso ai fini della determinazione del risarcimento per equivalente ex art. 2058 c.c.” inammissibile in quanto espressa per la prima volta in sede di precisazione delle conclusioni e comunque infondata atteso che, come noto, “l’art. 2058, comma 2, c.c., che prevede la possibilità di ordinare il risarcimento del danno per equivalente, anzichè la reintegrazione in forma specifica, in caso di eccessiva onerosità di quest’ultima, non trova applicazione alle azioni intese a far valere un diritto reale, la cui tutela esige la rimozione del fatto lesivo – come nel caso della domanda di riduzione in pristino per violazione delle norme sulle distanze -, atteso il carattere assoluto del diritto leso” (Cass., ord. n. 19942 del 23.9.2020).

Infondata per converso anche la domanda, espressa dall’attrice in termini del tutto generici ed inammissibilmente affidata ad un’auspicata liquidazione equitativa, di condanna di (omissis…) Venezia S.r.l. a risarcirle i danni causati dall’illegittima invasione della proprietà attorea: il danno non può ritenersi sussistente in re ipsa e parte attrice non ha fornito neppure in termini di allegazione gli elementi idonei a far comprendere in quali termini si sia eventualmente atteggiato un effettivo pregiudizio (cfr. Cass. n. 11203/2019).

Le spese di lite sono liquidate in dispositivo, in virtù dei parametri di cui al D.M. n. 55/14 come aggiornato con D.M. n. 37/18 e seguono il principio di soccombenza, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., dovendosi considerare a tal fine che “nel giudizio di regolamento di confini, deve considerarsi soccombente, al fine dell’attribuzione dell’onere delle spese, la parte le cui pretese o inutili resistenze siano state disattese” (Cass., sent. n. 3082/2006). Le spese relative alla c.t.u. esperita devono porsi definitivamente ed integralmente a carico di parte convenuta soccombente.

P.Q.M.

Il Giudice, ogni diversa domanda ed eccezione reiette ed ogni ulteriore deduzione disattesa, definitivamente pronunciando nella causa n. 1929/18 R.G., così decide:

1) accerta e dichiara che l’esatta posizione della linea di confine tra la proprietà (omissis…) (Comune di (omissis…), Catasto Terreni, Foglio n. (omissis…)) e la proprietà (omissis…) r.l. (Comune di (omissis…), Catasto Terreni, Foglio n. (omissis…)) è quella determinata dal tipo di frazionamento n. 568 del 1998 a firma del geom. Cornelio Bernini e coincide con la linea nera indicata come “linea di confine su cui erigere la nuova recinzione” nello schema grafico a pag. 44 della relazione del c.t.u. dott. Pa. Be. di data 18.7.2019, in atti;

2) condanna la società convenuta, al fine del ripristino dello stato dei luoghi nel rispetto della corretta linea di confine, a rimuovere l’attuale muro di recinzione in cemento armato e le vasche dell’antincendio, a ripristinare la quota del terreno ante costruzione della recinzione, a ricostruire la nuova recinzione lungo il confine come sopra determinato;

3) rigetta le ulteriori domande proposte dalle parti;

4) condanna la società convenuta alla rifusione in favore della società attrice, delle spese di lite, che liquida in Euro 4.835,00 per compenso di avvocato ed in Euro 552,95 per spese anticipate, oltre rimborso forfetario 15%, cpa 4% ed Iva, se ed in quanto dovuta per legge;

5) pone definitivamente le spese di c.t.u., già liquidate con separato decreto, a carico della convenuta (omissis…) S.r.l.

Così deciso in Pordenone, il 20.11.2020.

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